Ho passato una vita in mare cacciando i pesci, e sono giunto alla conclusione che questi vertebrati hanno delle doti cognitive insospettabili: modulano con intelligenza il loro comportamento in funzione delle varie situazioni nelle quali si vengono a trovare, soprattutto apprendono dalle esperienze di vita ed hanno un’ottima memoria.
Prove sperimentali hanno dimostrato che i pesci riconoscono nel fucile impugnato dal pescatore subacqueo uno strumento che può arrecargli danno: capita che il sommozzatore ricreativo sia avvicinato tranquillamente dalle stesse specie che si darebbero alla fuga nel caso tenesse in mano un attrezzo stretto e lungo.
I pesci bersaglio della pesca subacquea oltre a distinguere il fucile, sanno riconoscere il rumore prodotto dal corpo umano in immersione (riflesso condizionato) e la tecnica di pesca <all’aspetto> così efficace nel passato, adesso sta offrendo sempre meno risultati venatori.
La spigola quando l’asta del fucile non la colpisce, spesso, dopo uno scarto fulmineo torna indietro a controllare la freccia che l’ha sfiorata: evidentemente vuol capire cosa è successo e se non è soddisfatta di ciò che ha visto, si avvicina anche al pescatore disarmato. Solo dopo aver associato all'evento una situazione di pericolo, si allontana velocemente. La spigola è un predatore e, come nei vertebrati terrestri, ha un’intelligenza superiore ai pesci che si nutrono di alghe o del substrato: quando può, si associa al cormorano, uccello acquatico che nuota in apnea inseguendo e nutrendosi di piccoli pesci e lascia feriti e invalidi che diventano facile preda per lo straordinario opportunista. Il comportamento della spigola perciò non è stereotipato, ma cambia in maniera creativa anche di fronte a situazioni imprevedibili.
I comportamenti dei pesci che manifestano una forma d’intelligenza sono numerosissimi, evidenziano che questi animali non sono semplici automi che rispondono a un comportamento condizionato, ma possono elaborare strategie complesse di difesa e di predazione. Gli etologi, tuttavia, avanzavano dei dubbi sul loro stato di coscienza, un recente esperimento di un biologo evolutivo del Max – Planck – Institut , però, ha presentato un pesce pulitore che ha superato il classico test di auto-riconoscimento, aprendo nuove ipotesi sullo stato mentale cosciente dei pesci.
Il test di riconoscimento allo specchio è considerato dagli etologi la verifica dell’auto-consapevolezza degli animali, tuttavia, il recente esperimento sul pesce pulitore non ha convinto tutti i ricercatori.
I pescatori subacquei conoscono bene il pesce pulitore con le sue <stazioni di pulizia> dove a turno si alternano tutti i pesci per liberarsi dei parassiti e non solo (in qualche occasione ho visto questo pesciolino <curare> le ferite pulendo con cautela le lesioni del derma di un pesce dieci volte più grosso). Insomma il pesce pulitore funziona come il barbiere di un tempo lontano, che oltre a radere la barba e tagliare i capelli faceva il dentista e l’infermiere di pronto intervento. La sensibilità di questo pesce e la sua vista acuta sono eccezionali, altrimenti, rischierebbe la vita! Non stupiscono perciò i risultati dell’esperimento condotto dal gruppo dei biologi evolutivi di Alex Jordan.
Il test:
il pesciolino a strisce blu e nere longitudinali nuota verso uno specchio sistemato dai ricercatori in fondo alla vasca e si pone in verticale per osservare l’immagine riflessa del suo ventre. I biologi hanno fatto un segno marrone sulla parte alta del ventre in corrispondenza della gola, il pesce pulitore dopo essersi osservato, raggiunge il fondo sabbioso e si strofina in corrispondenza del segno. (studio apparso su bioRxiv.org e di prossima pubblicazione su "PLOS Biology").
Sono cinquanta anni che gli scienziati usano il test dello specchio (introdotto da Gordon Gallup sullo studio dei primati) per valutare le capacità cognitive degli animali. Dopo un certo periodo di assuefazione alla propria immagine i ricercatori fanno un segno in un punto del corpo che l’animale può osservare comodamente solo riflessa nello specchio, a questo punto se mostra di riconoscere il segno in qualche maniera (toccandolo o come nel caso del pesce strofinandolo), l’animale ha superato il test di auto-riconoscimento.
Questo test ammette che se l’animale è percettivamente cosciente del proprio corpo, possiede anche la consapevolezza di se stesso, quindi ha una coscienza riflessiva e una <mente>.
Il test ideato da Gallup negli anni ’70 è stato superato dagli scimpanzé e dagli oranghi, ma non dai gorilla e dagli elefanti, ciò mette in dubbio la validità di questo criterio di valutazione per l’auto consapevolezza date le capacità cognitive di queste due specie! L’esperimento sul pesce pulitore perde un po’ di rilevanza ed evidenzia solo una capacità cognitiva, non una coscienza riflessiva.
In sostanza, ammesso che l’esperimento sia riproducibile da altri ricercatori, la capacità di riconoscere la propria immagine allo specchio non comporta necessariamente che l’animale elabori pensieri coscienti, è tuttavia la dimostrazione di capacità cerebrali sorprendenti.
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