Papone ha scritto:
Se puoi in seguito spiegare come hai completato il lavoro, ci farai cosa gradita.
Carlopa ha scritto:
Ciao apne..Elio, ti chiedo troppo se mi dici e/o mandi una foto della raspa che hai utilizzato ???
Rendila visibile a tutti, grazie !
Bene. Descrivo, di seguito, la mia esperienza.
Premetto che anch’io tratto e conservo i miei fucili con cura assoluta e che, normalmente, non concepisco di effettuare modifiche di alcun tipo a quella che considero una vera e propria “opera d’arte”.
Ho derogato a questo principio solo perché ne ho avvertito una necessità “operativa”; mi sono convinto, cioè, che adattare meglio la presa della mia mano all’arma avrà la conseguenza di ottimizzarne la resa e, perciò, dopo lungo travaglio, mi sono deciso a passare all’azione.
Naturalmente, con queste premesse, si comprende facilmente che ho agito adottando ogni possibile cautela.
Innanzitutto si deve considerare che, siccome il legno si può sottrarre ma non aggiungere, si impone una procedura lenta, ragionata e ponderata che asporti quantità minime di materiale ad ogni tappa e che tutto il processo sia guidato da una costante opera di valutazione “sensoriale” effettuata provando l’impugnatura dopo ogni step dell’intervento e rilevando, così, gli aggiustamenti ancora necessari.
Ma veniamo con ordine alla procedura.
Mi sono servito di:
un pennarello a punta sottile
un rotolo di nastro di carta adesiva
carta abrasiva grana 120 e 240
una asticella di colla a caldo (quelle che armano le relative pistole) del diametro di circa 1cm
una raspa per legno larga più o meno quanto un dito della mia mano
dremel con fresa sferica per legno duro
resina epossidica bi-componente
pennellino
una bustina di zucchero
procedura adottata:
innanzitutto ho accuratamente coperto, con nastro carta adesivo, il meccanismo di scatto e la placca del grilletto in modo da evitare l’infiltrazione al loro interno di segatura; allo stesso scopo ho protetto con una bustina di plastica il mulinello.
Impugnato il fucile mi sono concentrato sulle sensazioni della mano per definire quali aggiustamenti avrei desiderato. Nel mio caso la posizione dell’indice, del medio e del pollice erano già perfette mentre avvertivo la necessità di poter piegare maggiormente l’anulare e soprattutto il mignolo.
Dopo aver carteggiato lievemente il calcio per eliminare il grip, ho tracciato con il pennarello il contorno delle dita curando di evidenziare i punti del profilo dove volevo creare le creste interdigitali.
Per mantenere visibili questi contorni delle scanalature anche a lavoro iniziato, ho applicato delle striscioline di carta adesiva in corrispondenza delle tracce della penna.
Delimitate le sedi delle dita, ho iniziato a carteggiare piano piano per cominciare ad approfondire il vallo che le avrebbe accolte.
Ho avvolto un pezzetto di carta vetro grana 120 intorno ad una bacchetta di colla a caldo, fissandovelo col nastro adesivo, in modo da agire in maniera ottimale per scavare la sede di ciascun dito (corpo abrasivo cilindrico).
Dopo aver agito per breve tempo in questo modo mi fermavo per rivalutare le sensazioni derivanti dall’impugnatura e calibrare, così, il proseguimento dell’intervento di abrasione del legno.
Ripetendo più volte questa procedura si arriva ad ottenere le scanalature desiderate. Quando si ritiene necessario sgrossare più profondamente in un punto si può utilizzare la raspa (sempre con cautela).
Insieme alle scanalature che alloggiano le dita, si producono le creste interdigitali che corrispondono allo spazio tra due dita adiacenti e risultano dalle zone di legno meno profondamente aggredite dall’azione abrasiva.
Da notare che la cresta superiore, quella che divide la sede del dito medio da quella, neo formata, dell’anulare, si situa (almeno nel mio caso) in corrispondenza di una salienza già esistente sull’impugnatura originale mentre, quella successiva, corrispondente allo spazio interdigitale tra anulare e mignolo, va accuratamente individuata con il pennarello e rispettata nell’intervento di abrasione delle scanalature.
Ho utilizzato il dremel con una piccola fresa sferica per legno duro solo per approfondire la sede in corrispondenza delle estremità dei polpastrelli in quanto, col cilindro di carta vetro, è difficile creare avvallamenti a corto raggio.
Una volta che, passo dopo passo, ho ritenuto raggiunto il mio obiettivo di ottimizzare la presa della mano, ho rifinito con carta vetro grana 240 e, quindi, sono passato alla copertura con resina epossidica (due mani) ed alla creazione del grip mediante aspersione di zucchero da cucina sulla seconda mano ancora fresca.
Una volta asciugato, una breve immersione del calcio in acqua per sciogliere lo zucchero eventualmente residuo in superficie, et voilà, il gioco è fatto.
Il risultato conseguito sul saber mi ha talmente soddisfatto che non ho esitato a ripetere l’operazione anche sul fantastico Minimini che ha allargato la famiglia e col quale spero di instaurare presto un feeling almeno pari a quello, eccezionale, che avevo con il mio vecchio medijedi.
Ciao,
Apn...Elio.