Le esperienze mentali dei pesci 8 Anni, 1 Mese fa
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Lo sviluppo della mente animale è un’esigenza adattativa della specie che migliora la risposta al cambiamento delle condizioni ambientali: un animale che pensa si adatta meglio al mondo che lo circonda, rispetto a chi reagisce solo con moduli di comportamento istintivo. La versatilità della condotta di un pesce quando è guidata dalla mente lo rende più competitivo nella lotta per la sopravvivenza. L’evoluzione non ha provvisto solo noi umani di un’attività mentale!
Un pesce <pensa> al cibo saporito che incontra cacciando nella colonna d’acqua o grufolando tra i sedimenti del fondo?
Molti scienziati negano che pesci e altri animali abbiano delle attività cerebrali coscienti ma una ricerca effettuata all’Howard Hughes Medical Institute (Virginia, USA) ha registrato con un microscopio a fluorescenza grazie alla completa trasparenza delle sue cellule l’attività del cervello di un pesce d’acqua dolce allo stadio larvale: il pesce zebra (Danio rerio). Le larve hanno subito una preparazione per l’esperimento (modificazione genetica) affinché con l’attivazione dei neuroni una proteina divenisse fluorescente evidenziando la conseguente attività cerebrale. In seguito anche al National Institute of Genetics in Giappone un gruppo di ricercatori ha filmato l’attivazione delle cellule nervose sempre nella larva di pesce zebra, mentre osserva una preda (un paramecio).
L’esperimento ha portato a identificare i circuiti neurali che s’innescano in un’attività complessa come la predazione. La conclusione dei ricercatori è stata che la struttura neurale e il funzionamento del cervello del pesce zebra sono simili al cablaggio e all’organizzazione di quello umano.
I comportamenti complessi degli animali non rispondono solo a moduli istintivi, dovendo adattarsi a situazioni mutevoli in continuo cambiamento nell’ambiente nel quale vivono, il cervello e la mente controllano perciò molte delle attività vitali.
L’attività mentale per noi è importante, e vista la similitudine nell’organizzazione dei circuiti neurali nei pesci dobbiamo ritenere che anche le esperienze mentali in questi primitivi vertebrati siano ugualmente fondamentali nella loro vita. Probabilmente i pesci pensano ma con pensieri molto diversi dai nostri, legati alla vita reale priva di astrazioni. Si tratta di scoprire quali funzioni controllano le reti neurali e che tipo di coscienza comportino: la versatilità nel comportamento dei pesci rispetto agli attacchi portati dalla pesca subacquea dove, a differenza degli altri sistemi di prelievo, c’è una presenza fisica dell’uomo che li caccia, dimostra che, dopo aver rilevato la nostra presenza, parte delle loro azioni è ragionata!
- Un pesce, che trascura la nostra presenza se facciamo il bagno insieme con altri di fronte a una spiaggia, mentre, si allerta subito e scappa se impugniamo un fucile subacqueo, evidenzia una comprensione della funzione dell’attrezzo che abbiamo in mano. Niente di simile esiste nel mondo sommerso, il fucile subacqueo è apparso da una settantina d’anni, quindi, un’associazione a esperienze apprese, un confronto con i ricordi nei banchi della memoria nel cervello del pesce, sono la causa scatenante la fuga che non si può ricondurre a nessuno schema di comportamento innato.
- L’ingegnosità nello schema di attacco portato da un branco di saraghi maggiori nei confronti di un polpo che si trova fuori dalla sua tana ha bisogno di una coordinazione che difficilmente si può ricondurre a un modello istintivo.
Questi e molti altri esempi devono farci respingere l’idea che i pesci siano degli automi mossi da semplici istinti.
I pesci ricavano la maggior parte delle informazioni che determinano il loro comportamento dagli organi di senso quindi può sembrare che vivano perennemente nel presente, ma certi comportamenti fanno riferimento a esperienze mentali vissute nel passato, informazioni che sono state mantenute nei banchi della memoria del loro cervello.
- Le mappe mentali di una cernia che si districa tra le numerose tane del territorio che ha colonizzato dimostrano una conoscenza dettagliata di ogni rifugio e le strategie sempre diverse nel depistare l’insidia del pescatore in apnea rendono evidente un’intelligenza animale fuori dal comune. In mare ci confrontiamo con prede che la nostra attività sta rendendo sempre più scaltre e intelligenti.
- La semplice osservazione che nelle aree protette i pesci abbiano un comportamento fiducioso nei nostri confronti fino ad arrivare a mangiare nelle mani del sommozzatore (cernie del parco di Lavezzi) mentre a pochi chilometri di distanza, sulla secca del Diavolo a capo Testa, la stessa specie di pesce si dimostra diffidente e astuta nell’evitare le insidie del pescatore in apnea, deve convincerci che alla base del comportamento di questo serranide ci sia un processo mentale d’apprendimento.
Siamo solo all’inizio dello studio sull’intelligenza dei pesci: le ricerche citate su Danio rerio dimostrano un’intensa attività cerebrale nello studiare una preda nonostante la specie abbia dei comportamenti stereotipati (controllati da schemi istintivi).
Le colonie di animali, gli sciami, i banchi di pesci evidenziano un’intelligenza della specie di appartenenza che travalica quella del singolo individuo. Nel banco, il pesce trova una memoria e un’intelligenza evoluta in migliaia di generazioni, un comportamento che va oltre alle possibilità mentali del singolo individuo: quando si osserva un pesce gregario che è rimasto isolato dal suo gruppo, appare un individuo smarrito, come senza guida. Non è un caso che la natura e l’evoluzione abbiano dotato questi animali singolarmente meno astuti (di solito predati), di una difesa collettiva, riconducibile a schemi di comportamento innati molto collaudati nel tempo. Il pesce zebra appartiene a queste specie gregarie, ma quando da preda diventa predatore, dimostra di <cambiar registro>, la mente studia la sua preda per adattare moduli di comportamento adeguati alla situazione, in breve: <pensa>.
Formulo un’ipotesi:
- Il cervello è un vorace consumatore di energia biologica (bioenergia) e gli animali tendono a risparmiarla. Un predatore ad esempio, valuta sempre l’energia che deve bruciare nello sforzo muscolare della predazione e il ricavo energetico nell’alimentarsi della preda, quando il bilancio di un attacco si dimostra sfavorevole, desiste per non sprecare risorse. Il cervello è una macchina costosa in termini energetici: seguire uno schema innato è meno <costoso> di dover scegliere il comportamento più idoneo in situazioni complesse dove si rischia la vita, e soprattutto, è più efficace <abbandonarsi> a moduli che hanno portato alla sopravvivenza della specie in milioni di anni d’evoluzione.
Il dolore.
Come l’intelligenza, il dolore è un’esigenza evolutiva per tutte le specie: la natura ha sviluppato una rete nervosa specifica per trasmettere al cervello le informazioni sul benessere del corpo dell’animale. Il dolore è indotto da un sistema endogeno, è una risposta interna dell’organismo come conseguenza dell’attivazione di specifici recettori periferici, i nocicettori, che dai tessuti inviano un segnale al Sistema Nervoso Centrale.
Nell’uomo il dolore è composto di un’esperienza percettiva (nocicezione) e una mentale o psichica. Nel pesce è certa la nocicezione mentre l’esperienza mentale non è ancora stata studiata. A mio avviso è opportuno distinguere tra la percezione del dolore e la sofferenza mentale. Che gli animali soffrano in seguito a un danno tessutale è evidente e accettato da tutti gli studiosi nel settore della biologia animale, tuttavia James D. Rose, Professor Emeritus of Zoology and Physiology dell’University del Wyoming (2002) formula l’ipotesi che i pesci non possano esperire il dolore come i mammiferi perché mancano le strutture neurali di base per interpretarlo. Il professor Rose è convinto che i pesci abbiano una percezione esclusivamente nocicettiva degli stimoli dolorosi provocati dalle ferite, la loro reazione sarebbe elaborata a livello inconscio da riflessi basali/spinali.
L’ipotesi di Rose si basa sull’assenza della neocorteccia nel cervello del pesce che nei mammiferi (uomo compreso) interpretano i segnali nocicettivi, peraltro lo zoologo contesta che in questi invertebrati inferiori possa esistere una seppur minima forma di coscienza. Non solo il dolore ma anche emozioni come la paura sarebbero esperienze neurologiche impossibili da provare! Tuttavia le ultime ricerche sulle attività mentali del pesce zebra sembra contraddire le affermazioni di Rose: l’assenza della neocorteccia non esclude che anche cervelli più primitivi e semplici possano esperire esperienze mentali.
Certo non per esibire una prova scientifica, ma le mie esperienze con i pesci selvatici sono di tutt’altro avviso. In merito all’emozione della paura, il riflesso della defecazione in caso di pericolo e della conseguente fuga, che associa molti vertebrati superiori, compresi i mammiferi, è presente e osservabile ad esempio nel Mugil cephalus: quando catturo un esemplare in un branco, gli altri membri fuggono lasciando una scia di escrementi. Questo riflesso è sempre associato all’emozione intensa di stato di pericolo per tutti gli animali uomini compresi (< mi sono cagato addosso dalla paura>). L’esistenza di strutture limbiche nel cervello dei pesci (che negli animali sono preposte a esperire le emozioni) fa supporre che <sentimenti> primitivi siano presenti anche in cervelli semplici e privi della neocorteccia.
Sui dubbi riguardanti la coscienza di questa emozione, posso portare l’evitazione del selvatico dei luoghi, dove è avvenuto un evento drammatico, quindi l’esperienza della paura rimane nella memoria del pesce come l’esperienza del dolore.
L’ipotesi di Rose è che il pesce reagisca alle ferite con un semplice processo di nocicezione periferico che non va <antropizzato> e confuso con il dolore – stato psicologico. Anche l’Aplyisia invertebrato nudibranco, senza cervello, impiegata in laboratorio per studiare i processi biologici dell’apprendimento e della memoria, mostra una reazione agli stimoli nocivi, quindi la reattività si riscontra anche senza una coscienza e la consapevolezza del dolore.
La nocicezione invia i segnali dolorosi utilizzando i fasci nervosi spinotalamici che inducono risposte comportamentali istintive come appunto la defecazione o nei mammiferi superiori la vocalizzazione del dolore, ma quali processi mentali <realmente> accadono nel piccolo cervello del pesce è ancora una questione molto dibattuta.
Patrick Bateson, docente di etologia alla Cambridge University e zoologo di fama internazionale, scrive che gli uomini tendono a proiettare le emozioni umane solo su certi animali e non su altri per questioni empatiche e i pesci non sono simpatici, <<perché sono viscidi e puzzano>> (aggiungo io!). Mentre ritiene che i segnali del dolore riscontrabili nell’uomo possano essere un punto di riferimento per individuare anche la sofferenza di altri animali.
Gli emisferi cerebrali dei pesci hanno una struttura semplice, primitiva rispetto all’evoluzione che hanno subito quelli dei vertebrati superiori come i mammiferi, ma possono aver sviluppato una forma di coscienza attraverso processi neurologici differenti rispetto agli sviluppi che siamo abituati a osservare negli animali dotati di corteccia cerebrale.
L’intelligenza dimostrata da un cefalopode come il polpo dotato di un cervello molto primitivo deve far riflettere i neuroscienziati.
Queste considerazioni sul dolore tuttavia prescindono dal fatto che i pesci rientrano nella nostra dieta, miliardi di pesci sono stati uccisi in migliaia di anni per nutrire gli uomini, com’è accaduto per molti altri animali selvatici o allevati. Il tema si sposta su un piano etico: se sia sostenibile il dolore inflitto al pesce, anche se si tratta di mera nocicezione per il divertimento di una cattura.
In merito ho già espresso il mio dissenso di utilizzare i pesci per dimostrare la bravura venatoria o semplicemente per <passare il tempo> (la pesca ricreativa).
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Giodap
Giorgio Dapiran
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Funzione psicologica della caccia subacquea
Occupare il proprio tempo libero nel procurarsi il cibo riavvicina l’uomo alle occupazioni esistenziali primitive che hanno determinato lo sviluppo della sua psiche.
E’ un momento di ri-appropriazione delle funzioni esistenziali primarie, di superamento dell’alienazione che caratterizza le moderne popolazioni urbanizzate
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Re: Le esperienze mentali dei pesci 8 Anni, 1 Mese fa
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Giorgio veramente complimenti. Oltre ad essere un matematico vedo che riesci a penetrare perfettamente anche negli intricati anfratti della neurobiologia e della scienza biologica in genere. Insomma il termine scienziato mi pare quello più adatto. Mi sono sentito particolarmente a mio agio nel leggere questo articolo (ma non perchè mi consideri uno scenziato a mia volta, solo perchè mastico un pó la materia) che conferma ancora una volta che la passione per qualcosa porta l'individuo a sviscerarne tutti i contenuti obbligandolo si a studiare molto ma alla fine ad essere padrone della materia vista da tutti gli aspetti possibili. Se anche questo articolo fa parte del tuo libro allora siamo di fronte a qualcosa di enciclopedico. Quindi quando sarà pronto ne voglio prendere tre copie, una per me e le altre per due miei cari colleghi pescasub; peró ti chiederó di autografarmi con dedica solo la mia; gli altri due devono schiattare. Un caro saluto.
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Quando vorrò dormire, sarà per sempre.
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Re: Le esperienze mentali dei pesci 8 Anni, 1 Mese fa
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Pantarei l'argomento è trattato anche nel mio libro, ma con riferimenti più dettagliati che possono interessare un medico come te, quello del post è un articolo a se stante.
La scienza è interdisciplinare!
Spesso anche nel passato dilettanti di una disciplina hanno chiarito temi sui quali i competenti in materia sbagliavano prospettiva.
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Giodap
Giorgio Dapiran
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Funzione psicologica della caccia subacquea
Occupare il proprio tempo libero nel procurarsi il cibo riavvicina l’uomo alle occupazioni esistenziali primitive che hanno determinato lo sviluppo della sua psiche.
E’ un momento di ri-appropriazione delle funzioni esistenziali primarie, di superamento dell’alienazione che caratterizza le moderne popolazioni urbanizzate
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Re: Le esperienze mentali dei pesci 8 Anni, 1 Mese fa
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Verissimo, accade ogni tanto anche tra astronomi professionisti e astrofili. In molti casi gli stessi professionisti chiedono aiuto ai dilettanti che in numero molto superiore hanno più mezzi e tempo a disposizione per effettuare ricerche e verifiche. A volte anche rivoltando quelle accreditate.
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Re: Le esperienze mentali dei pesci 8 Anni, 1 Mese fa
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Giodap ha scritto:
Queste considerazioni sul dolore tuttavia prescindono dal fatto che i pesci rientrano nella nostra dieta, miliardi di pesci sono stati uccisi in migliaia di anni per nutrire gli uomini, com’è accaduto per molti altri animali selvatici o allevati. Il tema si sposta su un piano etico: se sia sostenibile il dolore inflitto al pesce, anche se si tratta di mera nocicezione per il divertimento di una cattura.
In merito ho già espresso il mio dissenso di utilizzare i pesci per dimostrare la bravura venatoria o semplicemente per <passare il tempo> (la pesca ricreativa).
Negare che la carne animale, terrestre o acquatica, debba rientrare nella dieta del uomo del terzo millennio equivale a negare la nostra stessa evoluzione...mi domando sempre come i vari vegeterianvegani pensino di esser giunti fino a noi.
Dato che a quanto ne sappiamo solo l'uomo è in grado di porsi di fronte a dei conflitti etici in merito al suo operato, è più che corretto domandarsi perchè Noi pescatori andiamo a caccia.
Dobbiamo andare a caccia per preservare il nostro diritto di poter esser diretti artefici e responsabili di ciò con cui ci nutriamo, al pari di chi si dedica alla terra, e nessuna istituzione dovrebbe limitare troppo questo diritto dell'individuo, se non nell'ottica della comune possibilità di poterne usufruire.
Per tale ragione le nostre catture, soprattutto dei più capaci, dovrebbero essere proporzionate al consumo personale e non certo all'esibizionismo, che al contrario porterà inevitabilmente a sempre maggiori restrizioni a tutti coloro che vorranno rivendicare l'irrinunciabile diritto di procurarsi il cibo con le proprie mani.
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Per mar non ci son taverne
Braccia rubate alla pesca subacquea!
Affetto da male dell'oca cronico
Del senno di poi ... son vuoti i cavetti!
Meno pippe mentali e più pesca reale!
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Re: Le esperienze mentali dei pesci 8 Anni, 1 Mese fa
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Ci sono tendenze centrifughe nell'evoluzione della cultura umana per la semplice ragione che ogni nuova generazione nel costruire nuove <credenze> si allontana sempre più dalle regole di vita naturali (con questo termine intendo le regole che hanno determinato la nostra evoluzione dall'inizio, della nascita della nostra specie).
Le <credenze> e le ideologie non sono casuali, certo il libero pensiero esiste, ma i media moderni enfatizzano le nuove teorie (balorde)fino a radicarle nei costumi e nelle abitudini della gente. Dietro le ideologie (vecchie e nuove) si muovono i poteri forti, il potere economico che guida, ormai da millenni, lo sviluppo della cultura.
Ma veniamo a noi giusto per fare un esempio:
Il pescatore subacqueo per necessità (quello che si procura il cibo con le proprie mani)non è funzionale all'attuale Sistema economico perché non alimenta la cultura consumistica che <sta dietro> la grande distribuzione, il supermercato! Saremo sempre i reietti, gli sterminatori di pesci come la cernia bruna (citati nei libri di biologia), quando basta andare al mercato all'ingrosso del pesce per sfatare questa credenza : milioni di tonnellate di pesce selvatico prelevato dalla pesca professionale contro i pochi chili (quando va bene) della pesca subacquea. Lo Stato che organizza la nostra vita non ci vede di buon occhio perché non paghiamo delle imposte su ciò che catturiamo: il nostro prelievo sfugge alla tassazione prima regola di vita degli stati moderni. Mentre il vegetariano è perfettamente integrato, non disturba il <Sistema> purché compri, consumi, guai però se va a raccogliere le bietole e gli asparagi selvatici nei campi. Se dietro la cultura vegetariana ci fosse quella di procurarsi le verdure con le proprie mani, in breve i media manovrati stroncherebbero la nuova cultura oscena.
Si può obiettare che anche il pescatore subacqueo <consuma> compra l'attrezzatura quindi è funzionale alla società consumistica. Quanti però si costruiscono l'attrezzo da pesca con le proprie mani! E quando lo comprano, quanto rende in rapporto al valore speso?
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Giodap
Giorgio Dapiran
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Funzione psicologica della caccia subacquea
Occupare il proprio tempo libero nel procurarsi il cibo riavvicina l’uomo alle occupazioni esistenziali primitive che hanno determinato lo sviluppo della sua psiche.
E’ un momento di ri-appropriazione delle funzioni esistenziali primarie, di superamento dell’alienazione che caratterizza le moderne popolazioni urbanizzate
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