Apro la discussione, dopo aver letto con molto interesse le parole di Giorgio.
Come spesso accade, sono quasi totalmente d'accordo con lui.
L'esperienza del Maestro mette l'accento sui problemi che ormai troppo frequentemente riscontriamo nella nostra attività preferita.
Come ho già scritto in un altro post, trovo sconcertante che nell'epoca della massima diffusione della didattica legata all'apnea, si debbano poi contare decine di morti all'anno proprio in questo campo.
Senza polemizzare con nessuno, tantomeno con chi ha messo a punto le didattiche più in voga che comunque danno a tutti una possibilità enorme di conoscenza dei propri mezzi e anche dei propri limiti, concordo con Giorgio quando dice che spesso questi corsi sono frequentati da ragazzi che hanno come target solo il miglioramento delle capacità apneistiche e di miglioramento delle quote ai fini di maggiori risultati nella pesca subacquea.
In questo io vedo un pericolo che non è insito nella didattica stessa, ma nella mentalità distorta di chi vi partecipa.
E' vero che la pesca profonda sta diventando sempre più un'esigenza se si vogliono raggiungere certi risultati, ma il pericolo è evidente.
Ragazzi che vogliono cercare scorciatoie impossibili, bypassando con una certa supponenza tutto il bagaglio di ore e ore passate in mare ad acquisire esperienze "sul campo" assolutamente insostituibili, con la pretesa di poter colmare quel Gap che la vita frenetica in cui siamo compressi non ci concede più.
Ma l'esperienza è sempre stata e sempre sarà l'unica discriminante per dividere un "
Bravo" pescatore da un forzuto senza cervello che è convinto che i metri di profondità e la sicurezza possano essere acquistati al supermercato dell'apnea.
Non voglio nemmeno citare i video estremi sulla pesca subacquea, perchè reputo assolutamente pazzesco, cercare di imitare certi gesti estremi.
Se qualcuno cercasse di fare quello che certi campioni veri o presunti della nostra disciplina mostrano sui video, magari dentro una vita sedentaria , rotta solo da sedute serali in piscina( dopo giornate vomitevoli passate a cercare di sopravvivere allo stress lavorativo)e uscite rare nei WE, beh, davvero è una cosa che sfiora la follia totale e della quale mi auguro ci si renda conto una volta per tutte.
Le attrezzature poi, anche se può sembrare una banalità, giocano un ruolo importante; ormai trovi ragazzini di 17-18 anni con attrezzature esagerate, del tutto inutili per chi ancora non ha nemmeno capito dove bazzicano i pesci e che abitudini essi abbiano acquisito in certe zone.
Ma ecco che basta un paio di pale in carbonio per parlare in modo innocente e allucinante di quote che, personalmente, mi mettono i brividi.
Io ho fatto un percorso che credo sia stato quello di tanti coetanei della mia generazione:anno di grazia 1964!
Molto autodidatta, molta "paura" o se vogliamo rispetto del mare profondo che per noi era davvero una specie di tabù, quasi mistico.
Solo che per noi ragazzini il tabù erano i " 20 metri", quota alla quale sognare cernie e tanate di corvine giganti( e la cosa era vera e possibile).
Dopo anni passati ad insidiare i pesci del sottocosta e a immagazzinare un certo bagaglio di esperienza, e la cosa era comunque realizzabile data la buona presenza di pinnuti in molti tratti di costa che adesso sembrano diventati sterili, pian pianino ho, abbiamo, cominciato a conquistare certe quote e certe esperienze.
In molti siamo arrivati a pescare a quote rispettabili e a catturare tanti pesci, ma solo dopo anni e anni di sacrifici, sempre in mare e sempre a caccia con armi che definire approssimative è ancora poco, con pinne in gomma o comunque con attrezzi che adesso verrebbero sbeffeggiati dai più...però con la solida base di una gavetta assolutamente irrinunciabile e preziosa.
E poi, ecco arrivare i " furbi", quelli che se gli parli di pescare a 20-25 metri ti guardano con una espressione accondiscendente e aggiungono:" Ah, si, la pesca nel bassofondo..."
..mentre loro, forti dei 2-3 anni di Corsi e apnee interminabili in una vasca da bagno clorata e maleodorante, senza sapere nemmeno cosa sia una tana di saraghi nè tantomeno come cercarla anche in 3 metri d'acqua, vanno a cercare i pinnuti in fondo all'abisso dei 30 metri convinti che la cosa si rivolga in questi termini: il pesce sta a fondo e allora lo devo cercare lì.
Cosa solo in parte condivisibile, dato che Giorgio è proprio la prova vivente che se si sa pescare, le prede( e che prede!), saltano fuori anche dai primissimi metri di fondo.
E senza nemmeno un briciolo di umiltà per capire che le prede vanno anche "guadagnate" con l'esperienza.
Un neofita che dopo due anni di pesca subacquea a livelli amatoriali( che so..una uscita alla settimana quando fa bello e poi 20 giorni di ferie estive)arriva a dirti che la sua preda preferita sono i dentici, per poi scoprire e confessare che ancora non ha preso spigole, saraghi , corvine, cefali.....mi fa davvero sorridere, da una parte, e mi terrorizza dall'altra.
QUESTI sono dei candidati per l'obitorio, ce lo vogliamo mettere in testa?
Sono io che sto invecchiaando oppure si sente chiaramente una sopravvalutazione dei mezzi fisici e, perchè no, tecnici, rispetto ad una colpevole sottovalutazione della esperienza sui pesci, nella frequentazione del mare sempre e comunque, nello spirito di osservazione che deve essere la guida per un pescatore che voglia dirsi evoluto e moderno?
Personalmente ho una paura folle di questa sterzata assurda che la pratica di apnea e pesca hanno preso in questi ultimi anni.
assurda perchè è una delle poche discipline dove, aumentando le conoscenze, la qualità delle attrezzature e delle didattiche, si registra un aumento degli incidenti anzichè una loro diminuzione.
Senza considerare che il numero degli appassionati è più o meno sempre lo stesso, se non inferiore a prima.
Ci deve essere qualcosa che non va, e bisognerebbe porvi rimedio in qualche modo.
Se no, dovremo ogni anno fare questa specie di conta delle vittime che sta diventando insopportabile.